CONFISCA - REATO IN GENERE - Cass. pen. Sez. V, 26-03-2018, n. 18137

CONFISCA - REATO IN GENERE - Cass. pen. Sez. V, 26-03-2018, n. 18137

In tema di confisca, il profitto del reato è solo quello costituito da un mutamento materiale, attuale e di segno positivo, della situazione patrimoniale del beneficiario, ingenerato dal reato attraverso la creazione, trasformazione od acquisizione di cose suscettibili di valutazione economica. Di talché, non costituisce profitto del reato un vantaggio futuro eventuale, sperato, immateriale o non ancora materializzato in termini economico-patrimoniali, né la mera aspettativa di fatto, c.d. "chance", salvo che questa, in quanto fondata su circostanze specifiche, non presenti caratteri di concretezza ed effettività tali da costituire essa stessa un’entità patrimoniale a sé stante, autonoma, giuridicamente ed economicamente suscettibile di valutazione in relazione alla sua proiezione sulla sfera patrimoniale del soggetto.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SABEONE Gerardo - Presidente -

Dott. CALASELICE Barbara - Consigliere -

Dott. SCORDAMAGLIA Irene - rel. Consigliere -

Dott. RICCARDI Giuseppe - Consigliere -

Dott. AMATORE Roberto - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI FERRARA;

nei confronti di:

F.D., nato il (OMISSIS);

L.S., nato il (OMISSIS);

FI.DA., nato il (OMISSIS);

S.M., nato il (OMISSIS);

G.P., nato il (OMISSIS);

N.T., nato il (OMISSIS);

M.M., nato il (OMISSIS);

SO.EZ., nato il (OMISSIS);

LU.GE., nato il (OMISSIS);

GE.AD., nato il (OMISSIS);

T.M., nato il (OMISSIS);

GA.SP., nato il (OMISSIS);

avverso l'ordinanza del 21/12/2017 del TRIB. LIBERTA' di FERRARA;

sentita la relazione svolta dal Consigliere Dr. IRENE SCORDAMAGLIA;

lette/sentite le conclusioni del PG Dr. MARIA FRANCESCA LOY, che conclude per il rigetto.

Udito il difensore l'avv. MELCHIONDA insiste sull'eccezione di nullità dell'avviso di fissazione udienza e, in subordine, chiede la reiezione dell'odierno ricorso come da nota d'udienza (ed allegati) che deposita.

L'avv. BEZZI insiste sull'inammissibilità del ricorso richiamando il contenuto della memoria già depositata.

L'avv. MASON chiede respingersi l'odierno ricorso per le ragioni esposte nella memoria già in atti.

L'avv. BRIOLA si associa alle considerazioni ed alle richieste manifestate dai difensori fin qui intervenuti.

L'avv. ANELLI si associa al PG riportandosi alla memoria già depositata.

Svolgimento del processo

1. Ricorre il Procuratore della Repubblica di Ferrara avverso l'ordinanza, in data 21 dicembre 2017, del Tribunale di Ferrara, in funzione di giudice del riesame, di conferma dell'ordinanza del Giudice delle indagini preliminari, in data 19 giugno 2017, appellata dal Pubblico Ministero ai sensi dell'art. 322-bis c.p.p., di rigetto della richiesta di sequestro preventivo, finalizzato alla confisca, diretta e per equivalente, del profitto e del prezzo dei delitti di cui all'art. 2632 c.c., nei confronti delle persone fisiche - investite di funzioni apicali - e degli enti - la (OMISSIS) -, raggiunti dall'addebito di avere aumentato fittiziamente il capitale di ciascuno degli istituti creditizi mediante una sottoscrizione reciproca di azioni; condotte, queste, ritenute dalla voce di accusa oltretutto causative del dissesto della (OMISSIS) e tali da integrare il delitto di cui all'art. 223, comma 2, n. 1 L. Fall., in relazione al quale le persone fisiche erano già state tratte a giudizio.

2. L'atto di impugnativa deduce tre motivi, enunciati nei limiti imposti dall'art. 173 disp. att. c.p.p.; segnatamente:

2.1. - il vizio di violazione di legge, in relazione all'art. 321 c.p.p.D.Lgs. n. 231 del 2001, art. 6 e art. 2641 c.c., e il vizio di motivazione da travisamento delle risultanze processuali e da manifesta illogicità dell'argomentazione posta a corredo del provvedimento impugnato, per avere il giudice censurato dichiarato inammissibile l'appello avverso il diniego di sequestro preventivo finalizzato alla confisca del profitto del reato nei confronti degli enti - sul rilievo che il Pubblico Ministero aveva chiesto l'archiviazione dell'illecito addebitato agli enti per prescrizione dello stesso - sulla base dell'erronea interpretazione delle norme di riferimento: in particolare per non avere tenuto conto che il profitto dei reati commessi dalle persone fisiche a vantaggio degli enti si trovava presso questi, i quali non potevano essere considerati estranei alle dette condotte illecite perchè realizzate nel loro interesse, con la conseguenza che la prescrizione degli illeciti amministrativi - peraltro asseverativa della sussistenza dei relativi fatti - non precludeva affatto la confisca obbligatoria del profitto, quanto meno ai sensi del D.Lgs. n. 231 del 2001, art. 19;

2.2. - il vizio di violazione di legge, in relazione all'art. 321 c.p.p., comma 2 e art. 2641 c.c., e il vizio di motivazione, per mancanza o illogicità della stessa, per non avere il giudice censurato considerato che il sequestro preventivo finalizzato alla confisca obbligatoria, diretta o per equivalente, di cui all'art. 2641 c.c. non esige il "periculum" richiesto per il sequestro preventivo di cui all'art. 321 c.p.p., comma 1, essendo sufficiente accertarne la confiscabilità; in ogni caso per avere omesso di esaminare il profilo, devoluto con l'atto di appello, riguardante la confiscabilità diretta del profitto e del prezzo dei reati;

2.3. Il vizio di violazione di legge, in relazione all'art. 2632 c.c., e il vizio di motivazione, da omessa delibazione sul tema del fumus delicti, per avere il Tribunale accolto, adagiandosi acriticamente sulle argomentazioni spese sul punto dal Giudice delle indagini preliminari, una interpretazione restrittiva della norma di cui all'art. 2632 c.c., posto che con tale disposizione il legislatore ha inteso colpire tutte le operazioni con le quali si ottiene un aumento fittizio del capitale di due società, e, quindi, non solo mediante la sottoscrizione reciproca, ma anche come nel caso di specie - mediante l'acquisto reciproco di azioni: tanto perchè le nozioni civilistiche non sono suscettibili di un travaso integrale nell'ordinamento criminale, dovendosi adeguare alla ratio di tutela dei beni giuridici protetti in tale ambito.

3. Con memoria pervenuta in data 10 marzo 2018, i difensori dei resistenti Fi. e S. hanno chiesto dichiararsi l'inammissibilità del ricorso, suffragando l'istanza con l'evidenziare che l'impugnativa del Pubblico Ministero: 1) è generica, laddove assume che le somme da sottoporre a vincolo di indisponibilità descritte nel capo 12) della rubrica costituiscano il prezzo del reato ivi contestato; 2) è manifestamente infondata, nella parte in cui non si confronta con l'unanime giurisprudenza di legittimità per la quale il profitto del reato si identifica con la conseguenza economica immediata ricavata dal fatto di reato, che produce un mutamento attuale e di segno positivo della situazione patrimoniale del beneficiario: tale non potendosi considerare, quindi, "l'aumento di affidabilità della società nei confronti dei terzi" per effetto della reciproca sottoscrizione (rectius acquisizione) di azioni; 3) è priva di interesse, nella misura in cui articola una disquisizione sulla configurazione astratta del delitto di cui all'art. 2632 c.c. destituita di qualsivoglia valenza concreta, posto che il Tribunale aveva escluso la riconducibilità delle somme di cui era chiesto il sequestro nella nozione di profitto.

4. Con memoria pervenuta in data 20 marzo 2018, il difensore del resistente So. ha chiesto dichiararsi l'inammissibilità del ricorso, attingendo le censure sviluppate dal Pubblico Ministero la motivazione del provvedimento impugnato, o, altrimenti, l'infondatezza dello stesso, derivante da una indebita duplicazione della contestazione, sub specie di bancarotta fraudolenta da reato societario e di formazione fittizia del capitale sociale.

5. Con memoria pervenuta in data 20 marzo 2018, il difensore di (OMISSIS) ha ugualmente chiesto dichiararsi l'inammissibilità del ricorso o il rigetto dello stesso, essendo dedotti: vizi di motivazione; non avendo il ricorrente tenuto conto del principio di autonomia tra il reato delle persone fisiche e l'illecito delle persone giuridiche; per non essere stata circoscritta la valutazione del fumus commissi delicti all'astratta sussumibilità del fatto al reato contestato, essendo stato, di contro, ampiamente richiamato il merito della vicenda.

6. Con memoria presentata in data 26 marzo 2018, il difensore della Cassa di Risparmio di Cesena ha eccepito il difetto di avviso alla rappresentata terza interessata dell'odierna udienza; in subordine ha chiesto dichiararsi l'inammissibilità del ricorso, perchè proposto per vizi non consentiti, attinenti all'illogicità della motivazione e a questioni di merito non esaminabili dal Tribunale per il riesame delle misure cautelari reali.

Motivi della decisione

Il ricorso oltre che, sotto certi profili, del tutto generico è, comunque, manifestamente infondato in tutte le sue prospettazioni.

1. In limine, è bene rammentare che costituisce jus receptum il principio secondo il quale il ricorso per cassazione in materia di misure cautelari reali è ammesso soltanto per violazione di legge, con la conseguenza che, in tema di sindacato sulla motivazione, è esclusa dal novero dei vizi deducibili in sede di legittimità l'ipotesi dell'illogicità manifesta di cui all'art. 606 c.p.p., lett. e), potendosi esclusivamente denunciare con il ricorso, poichè qualificabile come violazione dell'obbligo di provvedere con provvedimento motivato ai sensi dell'art. 125 c.p.p., comma 3, il caso di motivazione inesistente o meramente apparente (Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, Ivanov, Rv. 239692).

Donde, alla stregua dell'indicato parametro ermeneutico, poichè non possono essere proposte sub specie di vizio di motivazione mancante o apparente le deduzioni di sottovalutazione di argomenti posti a sostegno della richiesta di impugnazione nel merito, i quali, in realtà, sono stati presi in considerazione dal giudice o, comunque, risultano assorbiti dalle argomentazioni poste a fondamento del provvedimento impugnato, va dichiarata l'inammissibilità di tutte le censure che deducono il vizio argomentativo (da travisamento delle risultanze istruttorie, da illogicità della motivazione, da motivazione mancante), tenuto conto che la motivazione posta dal Tribunale a corredo del provvedimento impugnato, poichè dotata di logica plausibilità, non può certo qualificarsi come inesistente o apparente.

2. Destituita di giuridico fondamento è la violazione di legge denunciata con il primo motivo, posto che, poichè ai sensi del combinato disposto del D.Lgs. n. 231 del 2001, art. 6, comma 5 e art. 19, comma 1, la confisca del profitto che l'ente ha tratto dal reato, anche nella forma per equivalente, è sempre disposta con la sentenza di condanna pronunciata nei confronti dell'ente medesimo, deve ritenersi applicabile il principio di diritto - sancito da questa Corte con riguardo alla responsabilità penale (Sez. 3, n. 24162 del 06/04/2011, Vitale, Rv. 250641) secondo il quale è illegittimo il sequestro preventivo finalizzato alla confisca, disposto ai sensi del D.Lgs. n. 231 del 2001, art. 53, comma 1, in caso di intervenuta prescrizione delle sanzioni amministrative applicabili all'ente, ai sensi del D.Lgs. n. 231 del 2001, art. 22, comma 1, ancor prima della formulazione della contestazione dell'illecito amministrativo dipendente da reato, rilevando tale aspetto, sotto il profilo della mancanza del "fumus" dell'illecito, essendo in sede di riesame precluso al giudice di compiere l'accertamento dell'illecito, nei suoi estremi oggettivi, e la sussistenza di profili quanto meno di colpa nella persona giuridica, quali presupposti necessari per disporre la confisca anche in presenza di una causa estintiva dell'illecito. Tanto si inferisce, oltretutto, in primo luogo, proprio dall'invocato - nel ricorso - principio di autonomia delle responsabilità dell'ente, essendo stato affermato, nel caso specularmente opposto, che: "In tema di responsabilità degli enti, in presenza di una declaratoria di prescrizione del reato presupposto, il giudice, ai sensi del D.Lgs. n. 231 del 2001, art. 8, comma 1, lett. b), deve procedere all'accertamento autonomo della responsabilità amministrativa della persona giuridica nel cui interesse e nel cui vantaggio l'illecito fu commesso" (Sez. 6, n. 21192 del 25/01/2013, Barla e altri, Rv. 255369); in secondo luogo dal carattere spiccatamente afflittivo e sanzionatorio della confisca ex D.Lgs. n. 231 del 2001, art. 6, comma 5 e art. 19, non potendo la stessa prescindere, in ragione di tale sua natura, dall'accertamento pieno della responsabilità dell'ente.

3. Non di maggior pregio è il coacervo di rilievi che si dirigono sul fumus commissi delicti, di cui all'ultima ragione di censura, poichè il ricorrente tralascia di considerare che, in sede di impugnazione di misure cautelari reali, è preclusa, dopo la citazione a giudizio, ogni valutazione concernente il "fumus commissi delicti" (Sez. 6, n. 29884 del 15/05/2007, Battisti, Rv. 237215): questo perchè il procedimento disciplinato dall'art. 324 c.p.p. in tema di riesame dei provvedimenti applicativi delle misure reali ha carattere incidentale rispetto a quello di cognizione, per cui di questo subisce inevitabilmente l'influenza per quanto attiene ai punti che si pongono tra loro in una relazione di reciproca interferenza, con la conseguenza che, dopo il rinvio a giudizio - che nel caso di specie ha avuto luogo il 19 dicembre 2017, e, quindi, in data anteriore alla pronuncia del Tribunale del riesame - le questioni che concernono in astratto il "fumus delicti" nel procedimento incidentale devono ritenersi superate dal decreto stesso che dispone il giudizio (Sez. 6, n. 2199 del 09/07/1993, Batteselle, Rv. 196581).

4. Manifestamente infondato e, comunque, aspecifico è, infine il motivo con il quale si discute del profitto che gli istituti di credito coinvolti nella vicenda avrebbero tratto dalle condotte delittuose ascritte alle persone fisiche agenti in loro rappresentanza funzionale.

A parte l'assoluta genericità del riferimento al prezzo del reato di cui all'art. 2632 c.c., considerata la sostanziale differenza, normativamente tipizzata, tra il prezzo del reato, concerne le cose date o promesse per indurre l'agente a commettere il reato (oggetto di confisca obbligatoria ai sensi dell'art. 240 c.p., comma 2) e il "provento" dello stesso, cui sono riferibili le cose che siano "il prodotto o il profitto del reato", oggetto di confisca facoltativa ai sensi del suddetto art. 240 c.p. (Sez. U, n. 1811 del 15/12/1992 - dep. 24/02/1993, Bissoli, Rv. 192493; nello stesso senso Sez. U, n. 9149 del 03/07/1996, Chabni Samir, Rv. 205707, Rv. 244189), e in relazione al quale non rileva, peraltro, l'omessa motivazione del Tribunale del riesame, posto che, in tema di ricorso per cassazione, non costituisce causa di annullamento del provvedimento impugnato, il mancato esame di un motivo di appello che risulti generico o manifestamente infondato. (Sez. 6, n. 47983 del 27/11/2012, D'Alessandro, Rv. 254280; Sez. 4, n. 1982 del 15/12/1998 - dep. 16/02/1999, Iannotta A, Rv. 213230), deve ribadirsi quanto sin da ultimo affermato da questa Corte di legittimità in tema di confisca del profitto del reato: " In tema di confisca, il profitto del reato è solo quello costituito da un mutamento materiale, attuale e di segno positivo, della situazione patrimoniale del beneficiario, ingenerato dal reato attraverso la creazione, trasformazione o acquisizione di cose suscettibili di valutazione economica; ne consegue che non costituisce profitto del reato un vantaggio futuro - eventuale, sperato, immateriale o non ancora materializzato in termini economico-patrimoniali - nè la mera aspettativa di fatto, c.d. "chance", salvo che questa, in quanto fondata su circostanze specifiche, non presenti caratteri di concretezza ed effettività tali da costituire essa stessa un'entità patrimoniale a sè stante, autonoma, giuridicamente ed economicamente suscettibile di valutazione in relazione alla sua proiezione sulla sfera patrimoniale del soggetto (Sez. 6, n. 1754 del 14/09/2017 - dep. 16/01/2018, Bentini, Rv. 271967).

Premesso che è consolidata l'affermazione secondo cui non si rinviene una nozione generale di profitto non solo nel codice penale, ma anche nelle varie disposizioni contenute in leggi speciali che ne prevedono la confisca, atteso che si tratta di norme che danno la nozione per presupposta, ovvero si limitano a contrapporla ad altri concetti parimenti non definiti, quali quelli di "prezzo", "corpo" e "strumento" del reato, utilizzandola, peraltro, sia per determinare l'oggetto della confisca, sia ad altri fini, come, cioè, elemento costitutivo della fattispecie di reato o come circostanza aggravante, va evidenziato - a fronte delle disarticolate deduzioni impugnatorie - che, sia che si voglia accedere alla nozione di profitto tradizionalmente recepita dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione, secondo la quale il profitto del reato si identifica con il vantaggio economico derivante in via diretta ed immediata dalla commissione dell'illecito (Sez. U, n. 31617 del 26/06/2015, Lucci, Rv. 264436; Sez. U, n. 18374 del 31/01/2013, Adami e altro, Rv. 255036; Sez. U, n. 26654 del 27/03/2008, Fisia Italimpianti S.p.a, Rv. 239924), sia, invece, che si voglia recepire la nozione avallata dalle sentenze Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn e altri, Rv. 261116, e Sez. U, n. 10561 del 30/01/2014, Gubert, secondo cui il profitto del reato oggetto di confisca si identifica non soltanto con i beni appresi per effetto diretto ed immediato dell'illecito, ma anche con ogni altra utilità che sia conseguenza, anche indiretta o mediata, dell'attività criminosa, questo deve pur sempre consistere in un beneficio aggiuntivo che presenti i caratteri della concretezza e della effettività, tale da costituire di per sè stesso una entità patrimoniale a sè stante, autonoma, giuridicamente ed economicamente suscettibile di valutazione in relazione alla sua proiezione sulla sfera patrimoniale dei soggetti incisi.

Donde l'asserito aumento di affidabilità degli istituti di credito quale effetto della loro fittizia ricapitalizzazione, in assenza della specifica deduzione di concrete circostanze fattuali idonee a sostanziare il preteso vantaggio derivante dalle denunciate operazioni illecite, costituisce nient'altro che un'astratta enunciazione inidonea, come tale, a costituire il fondamento di una valida impugnazione.

5. Alla stregua dell'argomentazione complessivamente sviluppata va, dunque, dichiarata l'inammissibilità del ricorso.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso del Pubblico Ministero.

Così deciso in Roma, il 26 marzo 2018.

Depositato in Cancelleria il 24 aprile 2018


Avv. Francesco Botta

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